Cosa sarà dei ristoranti dopo l’emergenza

È un momento di riflessione per la ristorazione e per chi fa business. La crisi porterà a una nuova consapevolezza di quello che in futuro sarà il settore.

Questo, in sintesi, è ciò che emerge dall’articolo “How Restaurants Can Survive Right Now” di Rafi Mohammed su Harvard Business Review, segnalato e tradotto da Augusto Contract.
In molti si chiedono come potrà sopravvivere la ristorazione italiana. Abituati a vedere solo una faccia della medaglia, questa situazione ne ha mostrata un’altra. E, differentemente da quanto “passato” in tv negli ultimi anni, emerge che fare il cuoco o avere un ristorante non è poi così semplice e non corrisponde a guadagni da capogiro.

E se la chiusura degli esercizi, in un solo mese, ne ha messo in luce le difficoltà finanziare, il protrarsi delle settimane può addirittura comprometterne la sopravvivenza.

Chi soffrirà di più saranno i ristoranti di alta cucina o stellati, più per gli eccessivi costi di gestione che per l’offerta. Anche le attività gestite da imprenditori improvvisati con insegne “fighette”, dalla dubbia sostanza, dovranno rivedere i piani. Ma gli esercizi, in assoluto, più colpiti saranno quelli turistici: credo che in Italia, difficilmente, si vedrà qualche straniero prima della primavera 2021.
Gli imprenditori e in primis i cuochi ora pagano la responsabilità e la colpa di aver costruito modelli di ristorazione non economicamente sostenibili, a volte più per inseguire un sogno e accrescere l’ego che per soddisfare il cliente.
In tanti dicono che quando questa emergenza sarà alle spalle si cercherà concretezza, anche in cucina, quindi più voglia di tradizione che di gourmet e lusso. Io penso che non sarà tanto una questione di menù ma di approccio. Il cliente che in questi mesi di quarantena ha riscoperto il piacere dello stare a tavola vorrà ritrovare questo senso di calore anche al ristorante. Quindi, più umanità e meno tecnica.
Probabilmente a cavarsela sarà quel ristoratore che meglio saprà adattarsi alle nuove esigenze delle persone, qualunque esse siano.
Forse, anzi, quasi sicuramente, ci sarà il bisogno di ridurre momentaneamente i prezzi anche perché, la disponibilità di molti clienti non sarà più la stessa. A proposito di questo, trovo assurdo che molti ristoranti, che in questi giorni hanno abbracciato il delivery, mantengano gli stessi prezzi del menù pre emergenza sanitaria: alla fine i loro costi sono ridotti al minimo e il cliente non può pagare per l’esperienza che non vive.
Consiglio perciò ai ristoratori di sfruttare molto bene la carta della consegna a domicilio. Se ora rappresenta un piano b e una possibilità di sopravvivere e raggiungere un pubblico nuovo, un domani potrà essere un’occasione di business extra.
Cosa ne sarà della ristorazione? Non ho la palla di vetro ma penso che un’insegna su due non riaprirà i battenti e il ritorno alla normalità sarà graduale, lungo e difficile. Rimarranno la distanza di un metro tra clienti, tavoli distanziati e guanti in lattice e mascherina per servire. Si dovrà sorridere con gli occhi e servire i pasti con il cuore.
  di francesca corradi

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