Vignaioli e sostenibilità finanziaria. La ricerca di SDA Bocconi sostenuta da Crédit Agricole e Fondazione Romeo

I vignaioli indipendenti italiani sono aziende di medio-piccole dimensioni, quasi sempre a conduzione familiare, radicate sul territorio e capaci di creare valore ed esternalità positive lì dove operano, impegnate nella tutela del territorio e nella conservazione del paesaggio rurale italiano. Questo profilo era emerso nel 2024, nell’indagine effettuata da Nomisma Wine Monitor, dal titolo “Il modello socio-economico dei vignaioli indipendenti per la sostenibilità della filiera vitivinicola italiana”, in collaborazione con FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), nella quale era emersa anche la preoccupazione per il futuro della redditività dei vignaioli, a fronte del continuo aumento dei costi, team oggi più vivo che mai.

A questo proposito FIVI ha realizzato, con Invernizzi AGRI Lab di SDA Bocconi School of Management, con il sostegno della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi e di Crédit Agricole Italia, una ricerca focalizzata sulla sostenibilità economico-finanziaria delle aziende vitivinicole verticali, con particolare attenzione ai determinanti del fatturato, ai modelli di finanziamento dell’attività di impresa, alla transizione ecologica e ai passaggi generazionali.

La ricerca è stata presentata alla fiera Vinitaly nell’area del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, alla presenza del Prof. Vitaliano Fiorillo, direttore Invernizzi AGRI Lab, SDA Bocconi School of Management; del Prof. Luca Ghezzi, docente Management and Control Systems, SDA Bocconi School of Management; del Dott. Biagio Maria Amico – academic fellow, SDA Bocconi School of Management; di Maurizio Crepaldi – responsabile Direzione Affari e Agri Agro di Crédit Agricole Italia; e infine di Rita Babini (in foto), vignaiola e presidente FIVI.

“L’obiettivo dell’iniziativa è quello di indagare la sostenibilità economica delle aziende vitivinicole associate, analizzando le scelte strategico-gestionali più rilevanti e approfondendo al contempo le esigenze di credito e le opzioni di finanziamento utilizzate. Un’attenzione particolare è stata riservata all’adozione di pratiche di sostenibilità ambientale, valutandone l’impatto sulla redditività e sulla competitività aziendale. Lo studio ha inoltre approfondito le problematiche legate al passaggio generazionale, momento cruciale per assicurare la continuità operativa e stimolare l’innovazione all’interno delle imprese”, ha ricordato Luca Ghezzi, coordinatore della ricerca e docente Management and Control Systems di SDA Bocconi School of Management.

“Questa ricerca ci conferma alcuni elementi che prima potevamo solo ipotizzare, e ci rafforza nella volontà di tutelare e promuovere un modello produttivo, quello delle aziende vitivinicole verticali, che è fondamentale non solo per il futuro del mondo del vino, ma per la tenuta socio-economica di tantissimi territori italiani – ha detto Rita Babini, presidente di FIVI -. Purtroppo è un modello resistente e fragile al contempo, quello delle nostre aziende. Ha resistito e continua a resistere grazie a fondamentali solidi di risorse e competenze, spesso trasmesse da generazioni. Ma in un contesto di grandi mutamenti a livello nazionale, europeo e globale, e di fronte a una crisi climatica che rende sempre più rischioso il lavoro agricolo, è importante che questo modello venga riconosciuto nella propria originalità e unicità, e messo nelle condizioni di competere alla pari con gli altri soggetti della filiera”.

“L’approccio di Crédit Agricole al tema della sostenibilità, sia essa economica, sociale o ambientale, è molto pragmatico – ha dichiarato Maurizio Crepaldi, responsabile Direzione Affari e Agri Agro di Crédit Agricole Italia – Per un’azienda vitivinicola oggi adottare pratiche sostenibili è utile e conveniente perché significa progettare uno sviluppo durevole in termini di redditività e di reputazione aziendale. Come Banca, siamo al fianco della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti perché riconosciamo l’importante ruolo di custodi e ambasciatori del territorio svolto dagli associati e vogliamo affiancare i loro percorsi di transizione ecologica”.

La ricerca ha messo in luce come le aziende con una percentuale superiore di vendita diretta, al consumatore finale e/o all’horeca, presentano un andamento del fatturato migliore rispetto alla media generale del campione: lo stesso vale per chi offre con successo proposte per l’enoturismo e chi ha investito in marketing e promozione. “Questi dati rafforzano le nostre richieste a livello europeo: maggiore accessibilità ai fondi OCM promozione per le aziende di medio-piccole dimensioni, attualmente di fatto escluse, e realizzazione di misure di sostegno alle attività enoturistiche, fondamentali in questo frangente storico anche per un’educazione al consumo consapevole, oltre che per la diversificazione dei canali di vendita e per crescita delle economie territoriali delle aree interne”, ha spiegato Babini.

Dalla ricerca emerge che l’export ha rappresentato un driver trainante della crescita del trend di fatturato nell’ultimo triennio. Tra le aziende che hanno dichiarato una crescita sostenuta o moderata del fatturato, infatti, il 45% presenta una percentuale di fatturato da export elevata.

“Più del 70% dei nostri 1.800 soci esporta e il 23% vorrebbe farlo in futuro: quasi tutti hanno negli Stati Uniti il principale mercato di riferimento, ma alle condizioni che si stanno realizzando diventerà difficilissimo e verrà a mancare uno dei determinanti positivi di fatturato per i Vignaioli italiani – ha ribadito Babini -. Per questo chiediamo al Governo di continuare a mettere in campo tutti gli sforzi diplomatici possibili per porre fine alle guerre commerciali e salvaguardare un settore fondamentale come quello primario”.

Letizia Ceriani

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