Un ristorante può ridurre la CO2?

*a cena con diritto

La Carbon Footprint (CF) o impronta di carbonio consiste nella valutazione espressa in tonnellate di CO2, della quantità totale di emissioni di gas serra, in sigla GHG, generate da un prodotto, servizio o attività nell’intero suo ciclo vitale, ossia dalla materia prima utilizzata, alla produzione, alla distribuzione, all’uso da parte del consumatore, allo smaltimento. In sostanza, è un parametro che consente la misurazione, gestione e comunicazione delle emissioni di gas serra con l’obiettivo di ridurle.

La disciplina di riferimento per il calcolo dell’impronta di carbonio è la UNI CEN ISO/TS 14067:2014 “Gas ad effetto serra – Impronta climatica dei prodotti (Carbon Footprint dei prodotti) – Requisiti e linee guida per la quantificazione e comunicazione”, entrata in vigore l’11 settembre 2014 che consente di quantificare le emissioni di gas serra generate da durante l’intero ciclo di vita del prodotto o servizio.

Per determinare la carbon footprint di un’attività produttiva o occorre fare riferimento a due certificazioni internazionali, ISO 14067:2014 e ISO 14064-1 che prevedono l’obbligo di considerare le emissioni di gas serra prodotte direttamente e indirettamente da ciascuna realtà produttiva, inclusi i consumi di energia elettrica e termica, il tutto allo scopo di definire una serie di interventi, basati anche sul concetto di consumo sostenibile, dirette a ridurle.

Per le attività di somministrazione alimentare le certificazioni consentono di analizzare e quantificare le proprie emissioni di CO2 con la definizione di un sistema gestionale diretto a identificare e realizzare gli interventi di riduzione delle emissioni attraverso una ottimizzazione dei processi ed una riduzione di consumi e costi aziendali, con aumento della “green reputation” aziendale e della sostenibilità ambientale dei propri prodotti e/o processi produttivi.

A questo punto è lecito chiedersi in che modo un ristorante ridurre la CO2?

Innanzitutto, proponendo ai clienti piatti che per ingredienti, produttori, realizzazione e smaltimento, non gravano sull’ambiente.

Ciò attraverso un menù basato principalmente su prodotti di stagione e con una contenuta proposta di carni, in ogni caso di qualità, provenienti da razze locali, che cambia quotidianamente in funzione delle disponibilità da parte dei produttori.

E ancora. Limitazione dell’impatto dei trasporti attraverso il ricorso ad agricoltori e allevatori di prossimità, locali, autosufficienti che riducono al minimo il ricorso a fitofarmaci e plastica e macchinari in campo; adozione di rimedi antispreco alimentare e trattamento dei rifiuti in una logica di economia circolare; attenzione all’uso di energia elettrica e gas attraverso l’installazione di piastre a induzione, l’ottimizzazione di sistemi di condizionamento climatico del locale, lo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili (es. pannelli fotovoltaici).

In conclusione, si tratta ripensare in modo consapevole ed ecosostenibile l’offerta ristorativa. 

*di alessandro klun

Letizia Ceriani

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