Riapertura, l’esterno dei ristoranti vale il 15% del fatturato

di francesca corradi

Importanti novità in arrivo nella gestione della pandemia da Covid-19. La prima boccata d’aria per i ristoranti sarà lunedì 26 aprile. Quelli in zona gialla potranno, infatti, riaprire a pranzo e cena, ma solo se dotati di tavoli all’esterno.

Non si parla più di tenere chiuso e basta, e questo è indubbiamente un primo segnale di discontinuità rispetto al passato. Certo è che non tutti faranno i salti di gioia, anzi. Come ha calcolato Fipe, a livello nazionale, riaprire le attività con servizio solo all’aperto significa prolungare di fatto il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi.

Il nuovo provvedimento fa felice un ristoratore su due. Il 46,6% dei bar e dei ristoranti della penisola, infatti, non è dotato di spazi all’aperto. La percentuale cresce esponenzialmente se pensiamo ai centri storici delle città nei quali vigono regole molto stringenti.

Il dato, inoltre, tiene già conto delle migliaia di richieste comunali piovute quest’estate per conquistare qualche metro di suolo pubblico e avere qualche coperto all’aria aperta, spesso in spazi poco affascinanti come lembi di marciapiede in pendenza e spazi di sosta tra un’auto e l’altra.

Ma anche chi possiede i dehors esterni non canta vittoria. Ci sono ristoranti che all’interno possono contare oltre cento coperti e sono costretti ad affidare il loro business all’esterno, con una ventina di posti, se sono fortunati: un piccolo spiraglio di luce, ma non sufficiente a coprire le spese.

Il nuovo provvedimento, infatti, consente di recuperare circa il 15% del totale del fatturato di settore con grandi differenze da regione a regione.

Insomma, riapertura a macchia di leopardo e tante attività ancora con le serrande abbassate: esercenti anche a pochi metri di distanza l’uno dall’altro potrebbero essere penalizzati. Così si rischia di mettere contro ristoratori e baristi in una guerra tra poveri.

Un altro fattore da non sottovalutare, rispetto a luglio scorso, sono le condizioni atmosferiche tutt’altro che favorevoli in questo momento, soprattutto al Nord.

Per rimettere in moto la “macchina” della ristorazione le nuove decisioni ancora non bastano. A complicare il tutto si aggiunge il fattore orario. Resta infatti confermato il coprifuoco delle 22 che non dà la possibilità di accogliere i clienti su diversi turni . C’è però margine di trattativa sullo spostare la lancetta dell’ora di chiusura almeno alle 23. Molti esperti sono, infatti, convinti che un’ora in più o un meno non faccia la differenza sul contagio, purchè ci siano i controlli.

Le richieste di Confcommercio sono quelle di consentire la somministrazione anche all’interno dei locali, rispettando i protocolli di sicurezza e le opportune regole di distanziamento. Una richiesta che potrebbe essere accolta dal primo giugno quando sembra che i ristoranti potranno riaprire anche al chiuso ma solo a pranzo.

 

“Applicando norme anche più stringenti – relative alla prenotazione elettronica e alla registrazione dei clienti con eventuale incrocio con dati fiscali – si anticipi appena possibile l’apertura anche al chiuso per i soli locali con servizio al tavolo”, afferma Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia.

Per questa ulteriore apertura, secondo Filiera Italia, potrebbe essere utile dare seguito a quanto suggerito dal CTS in merito a un distinguo tra bar, che non possono assicurare misure così restrittive anti-assembramento, e ristoranti.

“Siamo convinti che, non appena la campagna vaccinale sarà consolidata, richiedere il pass vaccinale per l’ingresso nei bar e ristoranti sarà più efficace di qualunque obbligo nello spingere gli indecisi a vaccinarsi”, conclude Scordamaglia.

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