Misure anti spreco: la doggy bag

*di alessandro klun

Non di rado accade che, seduti al tavolo, l’incontenibile appetito che al momento dell’ordinazione ci induce a chiedere un pasto completo o quasi, già con l’arrivo della prima delle portate richieste, svanisce o si riduce. 

Quante volte si assiste all’arrivo del cameriere che recupera piatti pieni e li riporta in cucina così generando consistenti sprechi alimentari. L’abitudine di chiedere e portare a casa gli avanzi del pranzo o della cena tramite la cosiddetta “doggy bag” rappresenta un comportamento da tempo largamente diffuso oltreoceano.

Negli ultimi anni, considerati anche gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030, un numero sempre più ampio di Paesi sta adottando misure anti spreco. 

Prima fra tutti in Europa la Francia, che nell’anno 2016 ha approvato la cosiddetta legge doggy bag che obbliga i ristoratori ad offrire ai propri clienti la possibilità di prelevare e consumare tra le mura domestiche i cibi avanzati. 

Anche in Italia, nonostante il perdurare di imbarazzi e ritrosie, la situazione, sia pur lentamente, sta mutando atteso il numero crescente di attività ristorative che prevedono, in favore del cliente l’utilizzo di contenitori appositamente destinati all’asporto degli alimenti rimasti.

Un primo significativo riconoscimento di tale pratica è si realizzato grazie all’intervento della Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto il diritto del cliente di chiedere e ottenere dal ristoratore di farsi impacchettare gli avanzi di pranzo o cena per consumarli in un secondo momento trattandosi in quanto regola comunemente accettata dalla civile convivenza. (Cass. Pen, V Sez., sentenza 08 luglio 2014, n. 29942).

Il diritto al doggy bag ha trovato successivamente piena e definitiva legittimazione con la legge 19 agosto 2016 n. 166, c.d. Legge Gadda, entrata in vigore il 14 settembre 2016 che prevede: i) la creazione e l’incentivo all’utilizzo, anche tramite campagne di informazione e sensibilizzazione, della doggy o family bag’, per consentire a clienti e associazioni di beneficenza di portare a casa gli avanzi dai ristoranti; ii) il favore per le donazioni degli avanzi di cibo ad associazioni o onlus che assistono gli indigenti; iii) il riconoscimento di un incentivo fiscale, sotto forma di riduzione della tassa sui rifiuti, per coloro che donano le eccedenze di cibo in base alla quantità certificata di prodotti ceduti.

Infine, tale normativa stabilisce che le regioni hanno la possibilità di concludere accordi o protocolli d’intesa finalizzati, sempre in un’ottica di riduzione degli sprechi alimentari, alla fornitura in favore di baristi/ristoratori di contenitori riutilizzabili, biodegradabili o facilmente riciclabili. 

*a cena con diritto

Letizia Ceriani

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