Le aziende di food delivery al tavolo con Di Maio

Si è tenuto lunedì l’incontro tra il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, e cinque società di food delivery operanti in Italia –  Deliveroo, Just Eat, Foodora, Domino’s Pizza e Glovo.

 

L’obiettivo del tavolo uno solo: regolamentare il settore per combattere il precariato e dare maggiori garanzie ai lavoratori.

 

Il mercato del food delivery in Italia è piuttosto recente e le prime aziende sono comparse nel 2015.  Secondo il report di Comunicatica, holding italiana con partecipazioni in startup del settore come Moovenda e Prestofood, il mercato mondiale del food delivery si attesterebbe sugli 83 miliardi di euro, l’1% del mercato alimentare. Il nostro Paese ne rappresenterebbe solo 2 miliardi”.

 

“Dopo aver incontrato i rider, abbiamo incontrato le aziende che si occupano di food delivery ed è emersa, sia dai rappresentanti delle aziende nazionali che internazionali, la disponibilità di avviare un percorso condiviso per la creazione di un contratto per chi lavora nel settore – ha affermato il vice premier Di Maio -. Il mondo del lavoro cambia e bisogna interpretare e governare i cambiamenti, chissà che non si arrivi al primo contratto nazionale sulla gig economy”, ha aggiunto.

 

Le società di food delivery non si comportano e la pensano tutte alla stessa maniera, al termine dell’incontro hanno ribadito il loro punto di vista.

 

Foodora, dopo le recenti dichiarazioni di lasciare l’Italia è ritornata sui suoi passi. Gianluca Cocco, amministratore delegato di Foodora Italia, ha rilasciato un’intervista a Repubblica: “Il nuovo dialogo trasparente e costruttivo impostato dal ministro Di Maio ci permette di accantonare questo scenario di lasciare il paese. Abbiamo avuto la possibilità di raccontare chi siamo e come lavoriamo. Il Ministro ha scoperto che molti di noi già offrono quelle tutele che lui vorrebbe estendere a tutti. Nel nostro caso, ad esempio, garantiamo contratti di collaborazione, incusa quota Inps, Inail, e pure un’assicurazione aggiuntiva. D’altro canto abbiamo spiegato – ha tenuto a sottolineare Cocco – che senza flessibilità il nostro business non è sostenibile”.

 

Glovo non ha mai pensato di abbandonare il Paese. “Faremo di tutto per rimanere in Italia, abbiamo investito tanto e vogliamo far sì che il settore possa crescere, senza incertezze nel quadro regolatorio” – ha affermato Matteo Pichi, ex fondatore di Foodinho e oggi Country Manager per l’Italia di Glovo -. “Nel nostro caso, la maggior parte delle volte, sono i rider che ci chiedono flessibilità, il 50 per cento offre disponibilità per meno di dodici ore a settimane e abbiamo un turn over molto alto: più del 20% di loro dopo una settimana di consegne abbandona”. Di contro, “diamo consegne e lavoro a 2-3mila persone, con un tasso di circa 200 nuovi collaboratori a settimana”. Sul business, è difficile tornare indietro. “Oggi siamo in dodici città italiane e non ci occupiamo solo di food, consegniamo qualsiasi cosa: questi modelli fanno parte di un’industria enorme e di grande successo in tutto il mondo, dove i rider sono centrali e hanno anche un costo, pesando per il 95% dei nostri ricavi: difficile immaginare che si possa fare a meno di loro”.

Deliveroo vuole maggiore flessibilità e sicurezza per i suoi rider, come si legge in una nota. Matteo Sarzana, General Manager di Deliveroo Italia, ha detto “Deliveroo offre ai rider il lavoro ben pagato e flessibile che ci chiedono: un lavoro che dà loro la libertà di scegliere dove e quando collaborare. Oltre alle dotazioni di sicurezza gratuite, forniamo loro un’assicurazione – completamente a carico dell’azienda – con coperture molto ampie, che li copre nel caso in cui qualcosa non dovesse andare nel migliore dei modi mentre sono in strada, grazie alla tutela per responsabilità verso terzi, infortuni, diaria in caso di impossibilità a lavorare e copertura fino a un’ora dopo il termine della collaborazione.

 

Daniele Contini, Country Manager di Just Eat in Italia, ha descritto il clima positivo e costruttivo che si è creato attorno al tavolo e ha aggiunto “Siamo contenti di aver partecipato ad un primo confronto in cui abbiamo riconfermato che, come Just Eat, siamo disponibili a costruire un tavolo di lavoro. Dall’altra parte abbiamo riscontrato uno spirito collaborativo. Le premesse sono buone”.

 

Domino’s Pizza Italia, attraverso la voce del suo Ceo Alessandro Lazzaroni, ha fatto luce sui contratti dei suoi rider: “Sin dalla prima apertura in Italia, abbiamo attuato un modello di business che prevede l’assunzione dei rider come dipendenti in organico all’azienda che applica il CCNL Turismo-Pubblici Esercizi. Questo ha garantito una stabilità contrattuale agli assunti. Inoltre, per ciascuno di loro studiamo un percorso di crescita professionale che consente ad ognuno di iniziare in azienda come rider e, attraverso una formazione specifica, arrivare a diventare un professionista della ristorazione, con responsabilità sempre maggiori, quali store manager (responsabile negozio), area manager e infine franchisee, abbracciando il progetto franchising di Domino’s Pizza. Negli Stati Uniti oltre il 90% dei franchisee Domino’s hanno iniziato la loro carriera con il ruolo di rider. Anche in Italia puntiamo a lavorare in questa direzione. Grazie alle garanzie offerte sin dall’inizio e alla formazione costante, il nostro turnover è inferiore al 20% sul totale dei dipendenti” – e continua – “Oggi Domino’s Pizza chiede una regolarizzazione del settore che preveda una corretta competizione sul mercato di tutti gli operatori della gig economy”.

 

Non resta che aspettare le prossime mosse del governo.

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