L’agroalimentare traina l’economia italiana: +4,6% nel 2015
L’agroalimentare è una leva per la ripresa dell’economia italiana, con un tasso di crescita nel 2015 oltre cinque volte superiore al Pil nazionale (+4,6% del fatturato contro +0,8%) e un incremento del valore aggiunto pari all’8%. Il risultato si deve soprattutto ai settori dei distillati, del caffè e dei macchinari. Male invece latte e salumi.
È il quadro che risulta dal Food Industry Monitor, lo studio realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Bsi Europe, succursale italiana del gruppo bancario svizzero Bsi.
Il rapporto è frutto di una ricerca allargata a 807 aziende italiane, il 70% delle società di capitali operanti nel settore. Tutte insieme, nel periodo 2009-2015, hanno accumulato 54,8 miliardi di euro di ricavi aggregati.

Sono stati selezionati 13 comparti rappresentativi del settore alimentare, dall’acqua alla salumeria, dal packaging alle farine, per ciascuno dei quali è stato selezionato un campione rappresentativo dell’offerta costituito da aziende di medie e grandi dimensioni, con base strategica ed operativa in Italia.
L’osservatorio ha mostrato chiaramente che l’industria italiana dell’agroalimentare aggiunge valore attraverso le esportazioni, i processi produttivi, la comunicazione e il brand. Tuttavia non tutti sono riusciti a mantenere un buon bilanciamento tra ricavi, profitto e indebitamento.
I settori più in salute sono i distillati (con una redditività commerciale del 12,7%), il food equipment (macchine per la produzione di alimenti), il caffè e, in misura minore, il vino. Quelli più in difficoltà latte e salumeria: il settore caseario paga le tensioni sui prezzi molto bassi, la salumeria il crollo dei consumi. Si trovano in una “terra di mezzo” la pasta, i dolci, le farine e il packaging.

Inoltre c’è un “anello debole” che frena l’espansione dell’industria agroalimentare: la grande distribuzione organizzata che, seppur controlli una buona parte del fatturato della filiera alimentare, ha una redditività molto bassa ed è chiamata a rinnovare i propri modelli di business.
A commentare i dati del Food Industry Monitor sono intervenuti Alessandro D’Este, presidente e amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia, Roberta Fileni, direttore marketing del gruppo Fileni, Alessandro Santini, ceo di Bsi Merchant, Franco Varvello, presidente di Varvello 1888, e Carlo Petrini, presidente dell’Unisg e di Slow Food.
In particolare D’Este ha sottolineato l’importanza, oltre all’export, dell’internazionalizzazione delle imprese e degli investimenti nelle nuove tecnologie. Innovazione e ricerca, ha aggiunto, fanno crescere sia le singole aziende sia l’intera distribuzione. Santini ha invece spiegato come la finanza possa sostenere la crescita delle piccole e medie imprese del settore attraverso emissioni obbligazionarie (bond e minibond) che costituiscono un’alternativa al credito bancario tradizionale.
