La frollatura secondo Dry Aged Milano

A due passi da Porta Genova, lo chef Matteo Ferrario e il maître Stefano Carenzi – entrambi under 35 – hanno inaugurato Dry Aged. Della concentrazione del gusto, i due soci ne hanno fatto una narrazione e un’arte.

Ferrario, dopo varie esperienze in ristoranti stellati come Villa Serbelloni a Bellagio, incontra Stefano Carenzi da Terrazza Triennale Osteria con Vista a Milano. Dopo cinque anni di lavoro insieme, decidono di iniziare un nuovo capitolo che rispecchia i gusti del momento. Carenzi ha un background a metà tra ristorazione e hotellerie: classe 1991, è passato anche dal ristorante vegetariano Joia di Milano e dal veneziano Oro Restaurant all’interno del Belmond Cipriani.

La condivisione di stile è palpabile una volta varcata la soglia del locale. Nulla è lasciato al caso: il design asset gioca con lo stile urban newyorkese e si conferma nella scelta del tavolo in condivisione della zona del bar all’ingresso, così come nelle stampe appese alle pareti, che strizzano l’occhio a uno stile più futurista.

La cucina a vista attira l’attenzione della sala principale, accentuata dalla forma a oblò che sembra spiare lo chef al pass. I piatti di Dry Aged rivisitano la tradizione del Nord Italia con originalità, puntando sulla frollatura a secco di carne e pesce. Accattivanti i “Mondeghili” serviti su crema di zafferano, spinacino saltato, senape e salsa allo zafferano. L’antipasto? La trita, affumicata al momento, che incontra il contrasto dolce della stracciatella, l’asprigno della crema di pomodoro bruciato e la consistenza croccante della nocciola piemontese salata. Tra gli antipasti di mare, invece, lo chef propone dei piatti che di per sé appartengono già al mondo del macerato, come il baccalà mantecato su polenta e cipolla in agrodolce e il polpo, fatto riposare per circa dieci giorni, e presentato su una leggerissima spuma di patate arricchita con polvere di paprika. Memorabile fra i primi piatti, lo “Spaghetto Verrigni ai 3 pomodori mantecato con olio EVO e basilico”, che gioca con tre diverse consistenze: la passata, il pomodorino confit e il pomodorino fresco.

Nel caso vi domandaste a cosa sia dovuto il rumore metallico proveniente dalla cucina, vi basterà sporgervi per svelare l’arcano: al centro della cucina, svetta un’affettatrice professionale che porziona maestose costate di carni selezionate: Fassona, Galiziana/Rubia Gallega o Pezzata Rossa. Dalla carta, in pole position l’entraña alla brace, con soffice di patate e cipolla caramellata.

Dulcis in fundo, un “quasi” cannolo siciliano, composto da due dischi di cialda croccante, un ripieno di ricotta vaccina – la tradizione la vorrebbe di pecora – e una composta di arancia che regala una piacevole nota agrodolce.

Produttori di nicchia anche per quanto riguarda la carta dei vini, che punta in particolar modo su rossi corposi e su bollicine naturali e biodinamiche.

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di letizia ceriani

FabioAdmin

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