Gli amici e Spertino Grignolino d’Asti

di uomo senza loden

A cosa servono gli amici? Domanda solo apparentemente innocua.

Innanzi tutto, la definizione (quanto piacciono, a noi m&a lawyers, le definizioni!) di amico muta nel tempo. Da bambini, l’amico è quello con cui ti azzuffi, che ti rovina il castello di sabbia in spiaggia (stortignaccolo, ma che a noi sembrava degno di Frank Lloyd Wright), che ha il fiocco sempre ben annodato e dritto (ebbene sì, noi, alle elementari, avevamo il grembiule nero e il fiocco blu), che ha la cartella sempre in ordine e le matite temperate.

Quando sei più grandicello, l’amico è quello che suona il pianoforte meglio di te (non era proprio così, ma mentre i miei pensavano che sminuire fortificasse, i genitori del mio amico erano certi che esaltare un mediocre fosse uno stimolo), legge tomi di filosofia e visita musei, vince tornei di tennis (però io all’esame di terza media ho avuto ottimo e l’amico no: beccati questo!).

Passa il tempo e l’amico è quello con cui parli di ragazze irraggiungibili: ovviamente – a suo dire – non per lui.

Arriva l’università: l’amico prepara istituzioni di diritto privato in quattro giorni e prende trenta, mentre tu studi tre mesi (però prendi 30 e lode!), ha la Golf GTI, che peraltro non sa guidare, ed è circondato da ragazze da sogno. Cresci ancora e l’amico è sempre quello con cui parli di donne – e non più di ragazze- irraggiungibili, ovviamente, per te. Però la migliore la sposi tu (e il famoso amico non lo ammetterà mai).

Intendiamoci: Uomo senza Loden ha mietuto (la serenità familiare mi impone di precisare che questo accadeva molto prima del matrimonio) alcuni successi e quindi talvolta, anche ben più che talvolta, è stato lui il famigerato amico. Però senza desiderio di primeggiare a danno di altri.

Vogliamo parlare di professione, di chi, come me, ha iniziato quando le law firm non esistevano, ma esistevano solo gli studi legali? Penso a quando (e Duchesne,al secolo Federico Baccomo, bene ne ha scritto nel suo blog Studio Illegale e nei libri che gli sono seguiti) il tuo (cioè il mio) capo apparentemente amico tale era solo perché le tue billable hours, che finivano sul suo conto-soci, erano molte più della media. D’altra parte, uno studioso di tattiche di guerra sostenne, grosso modo, che per sconfiggere un nemico, un concorrente, è sempre assai utile trasformare questo in un amico: così questi abbassa le difese. Lezione che, sia detto per inciso, non ho mai imparato.

Ma allora ci domandiamo: chi è l’amico? Che cosa è l’amicizia? Ho la risposta. L’amico, il solo amico possibile a un certo punto, è quello che si diverte con il vino assieme a te, senza farne una questione di principio o di riscatto sociale. Sa che gli amici “in vino” sono fonte di informazione, ma soprattutto una scusa per una bottiglia in più.

Ecco dunque un distillato di saggezza degno di Siddartha (il quale era certamente astemio. Il che spiega perché ci mise così tanto a raggiungere l’illuminazione). Il vero amico è quello con il quale dividi il vino. Anche una sola volta, e sarà l’amico di un’ora. O quello che ti suggerisce un vino che non conosci. E condivide con te la gioia della scoperta.

Ergo, Uomo senza loden è vostro amico.

Brindo allora all’amico che mi ha fatto assaggiare Spertino Grignolino d’Asti doc 2016. Mi sono avvicinato a questo vino con sospetto: ho sempre ritenuto il Grignolino un vinello senza pretese e merito. Sbagliavo. Questo Grignolino è sorprendente (ho letto una bella definizione, semplicemente perfetta: elegante e schivo) e non desidera essere altro se non se stesso. Niente botte, grande o piccola (chi lo ha fatto ha generato mostri), niente forzature.

Colore di un rosso cerasuolo trasparente e brillante che trasmette felicità e che trasforma il bicchiere in un gioiello luminoso. Profumi intriganti, per certi versi inconsueti nella loro combinazione, composti da delicate note di frutti di bosco, note floreali primaverili, pepe evidente, qualche spezia, in particolare chiodo di garofano, un sottofondo di cuoio gentile, un sorgere di lampone gentile quasi a mo’ di caramella, forse una vaga fragola. In bocca sapido e fresco, con tannini moderatissimi, equilibrato, senza quella nota retro-olfattiva tendenzialmente amara che talvolta caratterizza questo vino.

Elegante, schivo e gentile, dicevo: adatto a serate di raffinata semplicità, con piatti non eccessivamente saporiti o succulenti, però preparati con amorosa cura. Affettati preziosi (lo vedo bene con un culatello), formaggi di media stagionatura non erborinati, tonnarelli cacio e pepe, una pizza margherita con mozzarella di bufala (niente origano, ovviamente), una tartare di fassona (chianina next time, please) condita come si deve. Mi raccomando: senape, capperi, cipolla, worcester, tabasco e tuorlo d’uovo di gallina (di gallina: la quaglia lasciamola ai tempi di carestia), un misto di pesci crudi, un filetto appena rosato. Provateci: sarete eleganti davvero, eversivi, originali e senza ostentazione.

Un vino per pochi: esperti, rilassati, gentili. Oltre tutto a un prezzo assolutamente abbordabile (impareremo mai dai francesi che i prodotti unici devono essere pagati per bene?).

PS: Ovviamente non sono così cinico. Sono gli altri che mi disegnano così. In altri termini: legittima difesa.

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