Brexit, chi rischia nel food sono gli inglesi

La Gran Bretagna è una piazza strategica per l’export agroalimentare italiano, ma con l’uscita di Londra dall’Ue nel referendum del 23 giugno sono gli inglesi a perderci, almeno nel settore food.

Per Federalimentare, Coldiretti e Alleanza delle coop agroalimentari i rischi per l’Italia sarebbero infatti marginali, legati in lunga prospettiva alla leggera perdita di velocità del Pil inglese, e quindi alla minore dinamica della capacità di acquisto locale. Mentre nel breve periodo si dovrebbe assistere alla perdita di valore della sterlina sull’euro (che potrebbe avvicinarsi a un rapporto paritario 1 a 1), con conseguente penalizzazione dei prezzi all’import.

«Chi avrà la peggio nell’agroalimentare saranno gli inglesi non noi», afferma Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare. «È probabile che la Gran Bretagna abbia da perdere molto più dell’Italia», fa eco Coldiretti. A supporto di questa tesi c’è il dato sull’export dell’industria alimentare italiana in Gran Bretagna, che ha raggiunto nel 2015 i 2,8 miliardi, con una crescita del +56,4% sul 2007. Oltremanica food and wine italiani sono richiestissimi e la vittoria del “leave” nel referendum non sembra destinata a invertire questo trend.

La Gran Bretagna è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali Made in Italy con un valore annuale di 3,2 miliardi delle importazioni dall’Italia e una tendenza progressiva all’aumento. Lattiero caseari, ortofrutta, vino e spumanti sono i prodotti italiani maggiormente richiesti, spiega la Coldiretti, nel precisare che la bilancia commerciale agroalimentare è fortemente sbilanciata a favore dell’Italia con le esportazioni che superano di 4,6 volte le importazioni.

In particolare nel 2016 il Regno Unito è diventato il primo mercato mondiale dello spumante italiano, con bottiglie esportate in aumento del 38% nel primo trimestre, consentendo il sorpasso sugli Stati Uniti.

Secondo l’Alleanza coop, il Regno Unito è per la cooperazione italiana il secondo mercato europeo per importanza dopo la Germania con oltre 600 milioni di euro nel 2015. Si tratta di una piazza strategica, precisa l’Alleanza, in particolare per comparti come ortofrutta fresca e trasformata (200 milioni di euro), vino (185 mln), latte e formaggi (80 milioni) e salumi e carni fresche (oltre 70 milioni).

 

Leave a Reply

SHARE