Anche pesci e crostacei godono di protezione giuridica
*di alessandro klun
A chi non è capitato, recatosi a mangiare pesce al ristorante, di vedere, all’ingresso del locale, crostacei vivi, adagiati su un letto di ghiaccio in attesa di essere cucinati.
E’ bene sapere che tali esemplari, pur generalmente non considerati alla stregua di cani, gatti e animali d’affezione, godono anch’essi di protezione giuridica.
In particolare, in relazione ai crostacei che ancora vivi vengono sottoposti a cottura, la giurisprudenza di merito ha ritenuto meritevoli di tutela giuridica, rispetto a pratiche di maltrattamento, gli animali non di affezione destinati al consumo nel settore della ristorazione.
Nella fattispecie, il Tribunale di Firenze ha ritenuto responsabile della contravvenzione di cui all’art. 727, comma 2, c.p., e punito con l’ammenda di 5.000 euro, il proprietario di un ristorante che deteneva crostacei destinati al consumo in condizioni ritenute cagionevoli di sofferenze (Tribunale di Firenze, sentenza 14 luglio 2014).
A tale conclusione il giudice penale era giunto sulla base delle risultanze degli accessi, alle cucine del ristorante, da parte della polizia municipale, al cui esito era emerso che granchi, aragoste e un astice erano riposti, ancora vivi, all’interno di frigoriferi a temperature prossime allo zero, quindi molto inferiori a quelle delle acque nelle quali quegli animali vivono in natura. Alcuni degli animali erano anche posizionati sopra un letto di ghiaccio e astici e aragoste avevano le chele legate.
Sulla base di tali accertamenti il giudice afferma che se le modalità della cottura sono da ritenersi legittime per sociale consuetudine, le sofferenze causate dalla detenzione degli animali in attesa di essere cucinati non possono essere giustificate.
La sentenza del Tribunale di Firenze è stata confermata dalla Corte di Cassazione che, respinto il ricorso del ristoratore, lo ha condannato al pagamento delle spese legali e ad un risarcimento del danno quantificato in euro 3.000 in favore della parte civile noto “ente esponenziale che cura gli interessi degli animali” (Corte di Cassazione Penale Sez. 3, sent. 16/06/2017 n. 30177).
In particolare gli ermellini hanno sostenuto che la detenzione dei crostacei vivi in cella frigorifera e con le legate costituisce condizione incompatibile “con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze”.
Per la Cassazione, cucinare i crostacei quando sono ancora vivi, pur costituendo tecnica di cottura d’uso comune non esclude il maltrattamento, al pari degli animali d’affezione, in quanto “le sofferenze causate dalla detenzione degli animali in attesa di essere cucinati non possono essere parimenti giustificate”, detenendoli a temperature così rigide.
Conclude la Suprema Corte affermando che: “Al pari della tutela apprestata nei confronti degli animali di affezione, integra il reato ritenuto in sentenza la detenzione dei crostacei secondo modalità per loro produttive di gravi sofferenze e, per altro, adottate per ragioni di contenimento di spesa, con la conseguenza che, nel bilanciamento tra interesse economico e interesse (umano) alla non sofferenza dell’animale, è quest’ultimo che, in tal caso, deve ritenersi prevalente e quindi penalmente tutelato, in assenza di norme o di usi riconosciuti in senso diverso”.
*a cena con diritto