La cucina italiana è patrimonio immateriale Unesco: il profilo giuridico

*a cena con diritto

Adopted, sancito! Così l’Unesco ha ufficializzato la cucina italiana come patrimonio culturale immateriale dell’umanità il 10 dicembre 2025. Il riconoscimento ha un indiscutibile valore simbolico e culturale che rafforza in primis la tutela del marchio e dell’identità culturale e culinaria d’Italia a livello internazionale: la cucina italiana viene identificata a livello globale come un’espressione culturale di “eccezionale valore universale” per l’intera umanità, promuovendo il rispetto per la diversità e il dialogo interculturale.

Sotto il profilo strettamente giuridico, tale riconoscimento non crea obblighi giuridici rigidi, ma richiede allo Stato l’impegno, derivante dalla ratifica nell’ambito della Convenzione UNESCO del 2003, di predisporre un piano d’azione per la conservazione, la trasmissione e la promozione della cucina italiana come patrimonio vivente, attraverso il sostegno alla sua trasmissione, alle comunità che la mantengono viva, a eventi culturali, programmi educativi e di sensibilizzazione volti a promuoverne la conoscenza.

Ciò si traduce nell’adozione di un insieme di azioni volte a garantire la vitalità, la conservazione e la valorizzazione delle pratiche culinarie tradizionali, la promozione della sostenibilità e della diversità bioculturale, come indicato nel dossier di candidatura. 

La Convenzione UNESCO sottolinea inoltre che il patrimonio immateriale esiste solo se riconosciuto come tale dalle comunità che lo praticano per cui lo Stato si impegna altresì a coinvolgere attivamente associazioni, gruppi, chef, agricoltori, produttori ecc. nella definizione e nell’attuazione delle misure di salvaguardia, a monitorare lo stato di salute del patrimonio immateriale e a inviare periodicamente rapporti all’UNESCO.

Non ci sono obblighi o divieti legali per coloro vogliano preparare o commercializzare piatti “all’italiana”: nessuno sarà costretto a cucinare in un certo modo. 

Tuttavia, il riconoscimento rafforza il valore culturale e internazionale della cucina italiana e può diventare un importante strumento di soft power, utile anche nelle campagne contro le imitazioni dei prodotti italiani, il cosiddetto “italian sounding”, ossia la pratica di usare nomi, immagini, colori e riferimenti geografici che evocano l’Italia per commercializzare prodotti che non sono realmente fatti nel nostro Paese, imitando i nostri prodotti tipici (come Parmigiano, Mozzarella, San Marzano) con inganno ai consumatori alla concorrenza e al mercato alimentare nazionale. 

Infatti aumentare la consapevolezza sull’autenticità della “vera” cucina italiana, può indirettamente sostenere le campagne di sensibilizzazione contro le imitazioni di prodotti agroalimentari italiani che inducono in errore chi li acquista sull’origine e la qualità, facendo leva sul prestigio e sul valore culturale del patrimonio protetto.

In conclusione, il riconoscimento è una potente leva culturale e di marketing che offre anche un contesto normativo di riferimento per le politiche nazionali di tutela del contesto culinario, culturale e sociale che permette alla cucina italiana di esistere e prosperare nelle sue forme tradizionali.

*di alessandro klun

Letizia Ceriani

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