Fiorucci, futuro da food company

Il marchio dei salumi made in Italy celebra 170 anni. Nuovo volto e visione all’insegna del rafforzamento del brand, dell’espansione nel Nord Italia e di nuovi canali di vendita e referenze.

di francesca corradi

Il 2020 è un anno importante per Fiorucci che festeggia 170 anni di storia. Il re della mortadella è una delle realtà più longeve nel mondo dei salumi e probabilmente anche nel panorama alimentare italiano.

 

Questo è un traguardo che segna il rilancio in Italia del marchio, erede di una tradizione alimentare e molto presente al Centro-Sud, che ha chiuso il 2019 con un giro d’affari di oltre 150 milioni di euro, l’83% nel retail e nel food service. Buona parte della materia prima così come la produzione è italiana. Negli uffici e stabilimenti di Santa Palomba, in provincia di Roma, Lesignano de’ Bagni e San Daniele del Friuli impiega circa 500 persone.

La ricorrenza simbolica dà, quindi, il via a una nuova fase strutturata di rinnovamento, nel segno della tradizione e del cambiamento.

 

Con un passato in Unilever, Findus e Galbusera e un percorso, in un certo modo inverso, rispetto a quello di Fiorucci – da padronale a food company – il ceo Giovanni Sabino (nella foto), ha raccontato a MAG gli scenari e le linee guida di gestione, i progetti e gli obiettivi, a breve e lungo termine.

 

Parole chiave: tradizione e cambiamento

“Siamo orgogliosi di celebrare il 170esimo del brand. La ricorrenza rappresenta appieno i due mondi che racchiudono l’universo Fiorucci: attenzione alla tradizione unita alla crescente innovazione del comparto, secondo i bisogni in continua evoluzione dei consumatori nel contesto di attualità”, ha dichiarato Sabino, alla guida dell’azienda da due anni.

 

Una storia fatta innanzitutto di valori che vede oggi il marchio promuovere qualità e tradizione delle ricette e materie prime, ma anche responsabilità sociale e partecipazione, per creare valore aggiunto sui territori.

L’evoluzione

La storia di Fiorucci inizia nel 1850 a Norcia, cittadina umbra famosa per la lavorazione di carni e salumi. È qui che il fondatore, Innocenzo Fiorucci, crea la prima norcineria. Un’intuizione imprenditoriale che porterà il marchio ad aprirsi a un mercato sempre più ampio con forte radicamento nel Centro Italia. Questa radice nel cuore del Paese, un unicum rispetto agli altri competitor concentrati nelle regioni del Nord, ne decreta la fortuna del brand. Riesce ad affermarsi capillarmente, da Roma in giù.

Dopo cent’anni avviene la trasformazione in un modello industriale. Nei primi anni Ottanta inizia l’internazionalizzazione, con la costituzione di società in Inghilterra, Francia e Germania. In quegli anni la holding assume l’attuale denominazione di Cesare Fiorucci.

“L’export oggi rappresenta il 15% dei volumi, in particolar modo nel food service e all’estero Fiorucci rappresenta una delle eccellenze della tradizione gastronomica italiana, in poche parole il vero made in Italy”, sottolinea il ceo.

 

Il 1987 è l’anno dello sbarco sul mercato americano con l’inaugurazione dello stabilimento di Richmond in Virginia.

 

Un grande cambiamento nell’assetto societario avviene nel 2005 con l’ingresso nel capitale del fondo Vestar Capital. Nel 2011 l’azienda viene invece acquisita dal gruppo alimentare Campofrio Food Group, specializzato nella lavorazione delle carni. Cinque anni dopo, infine, Fiorucci entra nel Gruppo multinazionale Sigma Alimentos.

Innovazione di processo e maggiore competitività

“Far parte di un gruppo contribuisce a efficientare la struttura e garantisce a Fiorucci ulteriori vantaggi competitivi per focalizzarsi sulle esigenze di mercato, sul continuo miglioramento dei processi e sulla valorizzazione della propria specificità, mettendo in comune conoscenze, expertise e risorse.

L’integrazione rafforza ulteriormente la posizione competitiva del brand sul mercato nazionale e internazionale, grazie ai vantaggi derivanti dalla realizzazione di significativi progetti di ottimizzazione, di innovazione e di scambio di know how, applicati a livello di gruppo”, spiega Sabino.

Continua a leggere l’articolo sul MAG 150.

Leave a Reply

SHARE