Tony Lo Coco: «Ai sogni non serve un business plan»
La storia di Tony Lo Coco, chef patron de I Pupi, a Bagheria (una stella Michelin) è una di quelle storie di cucina segnate dal destino. Nasce vetraio, nell’azienda di famiglia. Ma quando conosce Laura, che poi diventerà sua moglie, scopre la sua vocazione per la cucina. Quella di Laura, infatti, è una famiglia di rosticcieri e pasticceri, proprietari di uno storico Bar, (Don Gino) sempre a Bagheria.
Qui inizia a respirare l’aria della cucina e ne resta affascinato. La grande occasione, arriverà dopo qualche tempo. Un amico di famiglia, propone a Laura la gestione di un locale, molto grande, adatto per ricevimenti e banchetti. Laura e Tony, si dovranno occupare di tutto, tranne che della cucina, che viene affidata a una squadra di persone, capitanata da un cuoco.
Tutto procede bene, gli affari vanno a gonfie vele. Il Cozzo dei Ciauli (questo il nome del locale) diventa un punto di riferimento per la realtà palermitana.
Un giorno, però, un imprevisto cambia per sempre la vita di Lo Coco. Ha un diverbio con il cuoco, che nel bel mezzo di un importante banchetto, decide di mollare tutto e andare via. Che fare? Lo Coco non si perde d’animo. Va in cucina e si mette ai fornelli. Da quella cucina, uscirà solo, per dare vita al suo sogno, I Pupi, un piccolo gioiello di soli 24 coperti, che nel giro di 5 anni si aggiudica anche la sua prima stella Michelin.
Questo è solo l’inizio di una storia, che MAG si è fatto raccontare dallo chef.
Quando ha capito che la cucina era il suo mestiere (a parte il fato che le circostanze l’hanno costretta a darsi da fare…)?
La passione per la cucina, l’ho avuta sin da bambino, mi piaceva intrufolarmi in cucina e mettere mano alle padelle aiutando mia madre, soprattutto la domenica o nelle giornate di festa quando si cucinava per la famiglia.
Dove ha imparato, tutto il resto?
Sono autodidatta e non ho mai visitato cucine di altri chef rinomati. Posso tranquillamente dire che è il gusto che mi guida e mi ha sempre guidato, sono molto goloso e amo mangiare. Un piatto prima di tutto deve piacere a me. Mi lascio guidare molto dalla mia fantasia.
Ovvero?
Il piatto prima di tutto me lo devo immaginare, mi studio i passaggi e la forma prima di passare alla realizzazione. Il mio “Ricordo di Anelletti” è stato tanti anni un pensiero ricorrente che ha trovato forma solo l’anno scorso.
Quando ha deciso di dedicarsi alla ristorazione, da dove è partito? Cosa sapeva di questo mondo?
Ho deciso di dedicarmi alla ristorazione all’età di 23 anni (fino ad allora lavoravo nella bottega di vetreria artistica con mio padre e mio fratello) avendo avuto qualche piccola esperienza nel laboratorio di pasticceria della famiglia di Laura. Era un mondo che mi affascinava tanto ma allora conoscevo veramente poco. Tuttavia dentro di me sentivo un “attrazione particolare”. Ha presente le farfalle nello stomaco…
E poi come ha imparato?
Come dicevo, sono molto curioso, e negli anni con Laura siamo stati in giro per la Sicilia, l’Italia e in Europa. Solo per provare i ristoranti dei colleghi più blasonati, che per noi sono veri e propri momenti di formazione e confronto su dove va la cucina e sulle nuove tendenze.
Che cucina ne è nata?
La mia cucina è una cucina di territorio, il 90% delle materie prima vengono dalla nostra zona. Voglio che la mia cucina rappresenti prima di tutto me. E poi che racconti il mondo del pescatore che mi fornisce il pesce e i crostacei e mi racconta i problemi e le gioie delle piccole marinerie, o quello dei contadini da cui mi rifornisco quasi quotidianamente. Insomma la mia cucina deve rappresentare la mia terra.
Il “business plan” lo ha fatto da solo o con l’aiuto di professionisti?
Io e Laura abbiamo iniziato insieme, abbiamo deciso di seguire un nostro sogno e costruire un piccolo ristorante, (ricordo che quanto abbiamo realizzato I Pupi avevamo ancora “Il cozzo dei Ciavoli” una attività banquettistica da 250 eventi l’anno e 25 dipendenti) a Bagheria. Nessun business plan. Abbiamo stretto la cinghia e abbiamo tenuto duro soprattutto i primi tempi. Da 30 siamo passati a tre, io, Laura e Salvatore Bonanno il mio secondo da sempre. E piano piano la nostra cucina si è affermata.
Quanto ha investito all’inizio e quanto fattura oggi?
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