Un gruppo di avvocati lancia il progetto Foodrights Entertainment Law
Cari amanti del food porn, fate attenzione! I piatti degli chef (stellati e non) che state fotografando sono assimilabili, per via della loro forma estetica, alle opere d’arte e, in quanto tali, sono tutelabili dalla legge sul diritto d’autore (n. 633/1941). Condividerli sui social, dunque, potrebbe non essere più così scontato e, in alcuni casi, anzi, potrebbe costituire un problema senza delle apposite licenze d’uso.
Così come dietro a una scultura o un quadro, dietro a ogni pietanza risiede l’estro creativo dello chef che, nell’impiattamento, crea una vera e propria opera originale paragonabile non solo a quelle delle arti figurative similari, del disegno e dell’architettura ma anche – se presenti determinati requisiti – a quelle del design.
Da questo principio di diritto sono partiti gli avvocati Marco Barbonee Bruno Tassone, esperti di diritto d’autore, che, insieme all’avvocato Carmine Coviello, hanno promosso Foodrights Entertainment Law, un progetto che ha lo scopo di divulgare la cultura culinaria svolgendo attività di promozione e tutela dei diritti delle opere dei cuochi e di tutti gli “artisti” che operano nel mondo del food.
«Lavorando con gli chef, abbiamo colto la loro esigenza di tutelare il loro lavoro, dal momento che le ricette in sé non sono tutelabili né per la giurisprudenza italiana né per quella americana. Osservando il loro modus operandi, abbiamo notato che disegnano i patti prima di realizzarli. C’è tutto uno studio concettuale dietro», racconta a MAG Barbone, contitolare dello studio legale Barbone & Tassone Intellectual Property, “lead office” e sede dell’intero progetto.
«Tutti i lavori sono il frutto di attività creative dell’uomo e meritano di essere tutelate dalla legge n. 633/1941 se la loro forma esteriore possiede i caratteri di novità, creatività e originalità – aggiunge l’avvocato – si può dunque sostenere con assoluta certezza che l’opera culinaria di uno chef, ove presenti un minimo di creatività (come richiesto anche da consolidata giurisprudenza), è equiparabile alle opere del disegno e/o delle arti figurative similari e in alcuni casi anche della scultura, oltre che a un’operadel design se il carattere creativo è anche affiancato dal valore artistico (ex art. 2, n.10, l.d.a.).»
Il sito web
Per questo motivo, il primo passo di Foodrights Entertainment Law sarà la messa on line, prima dell’estate, di un sito web, foodrights.it, dove le “opere” degli chef che aderiranno al progetto saranno catalogate nella sezione «museo». Cliccando sopra ciascun piatto sarà possibile conoscerne il titolo, l’autore o esecutore, l’anno di creazione e la concettualità del piatto stesso.
«I piatti potranno così essere decontestualizzati e pertanto percepiti come dei quadri a tutti gli effetti e venendo inoltre esposti, in musei accreditati nel corso di format live previsti dal progetto, potranno acquisire quegli elementi oggettivi necessari per essere tutelati anche quali opere del design», aggiunge Barbone.
Tra gli chef che, finora, hanno conferito mandato a Foodrights ci sono i cuochi PaoloBarrale (Marennà), VincenzoGuarino (Il Pievano), LinoScarallo(Palazzo Petrucci), DomenicoIavarone (Josè di Villa Guerra), Stefano Masanti (Il Cantinone), ArmandoCodispoti (Gavi, a Beirut), GennaroNasti (Bijou, a Parigi), AndreaScarpati (Sapori Restaurant, a Anstey Leicester), AntonioDanise (Villa Necchi alla Portalupa), DonatoEpiscopo (La Corte), AlessandroBellingieri (Osteria de l’Acquarol), StefanoSanto (Il Salviatino), AntonioPetrone (Pensando a te), DomenicoDiTondo (Lampare di Trani), FrancescoLaera (Fé Ristorante), DarioDiLiberto (Poggio del Sole Resort), EliaRusso (Le dodici Fontane), GianMarcoBianchi (Velaa Private Island, alle Maldive).
La collecting society
Ma l’obiettivo vero di Foodrights va oltre la semplice consulenza legale specializzata a tutela di questi “nuovi artisti”. La consulenza, infatti, mira a costituire una collecting society, uno tra i primi organismi di gestione collettiva al mondo connesso alla gestione dei diritti delle opere culinarie. Una “SIAE del food” che faccia maturare la consapevolezza che questi lavori creativi, se utilizzati da terzi, devono ricevere un riconoscimento economico oltre che morale.
«Foodright Collecting Society potrà avere una struttura a base associativa senza fini di lucro, in linea con la direttiva europea n. 26/2014, con il decreto legislativo di attuazione della stessa n. 35/2017 e con l’articolo 19 del decreto legge n. 148/2017. Dunque, la gestione sarà nelle mani degli stessi autori, coadiuvati da professionisti del settore. Costituiremo un comitato di chef e speriamo di poter coinvolgere attivamente anche gli attori “istituzionali” del settore», spiega Barbone.
Quanto invece al format museale, gli avvocati sognano in grande e sperano nella realizzazione, nel prossimo futuro, di un percorso spaziale che prevede una prima sala con un museo virtuale, dove aiutate dall’alta tecnologia le opere possano fluttuare nell’aria in forma di ologrammi, e una seconda con un ristorante, dove è possibile assaggiare le pietanze viste precedentemente.