Sprechi alimentari, in casa viene buttato l’11% del cibo

Il 22 aprile ricorre l’Earth Day, giornata istituita nel 1969 dall’ONU per celebrare l’ambiente e la salvaguardia del pianeta. Per l’occasione TheFork ha intervistato i suoi utenti per comprenderne le abitudini sostenibili e soprattutto il punto di vista sugli sprechi alimentari.

Il food waste è infatti una problematica sempre più nominata quando si parla di salvaguardia dell’ambiente e purtroppo non è vincolata alle sole mura domestiche. Secondo la ricerca “Metronomo” condotta da METRO con il supporto del Bocconi Green Economy Observatory, i ristoranti italiani dichiarano di buttare tra i 2 e i 5 sacchi da 220 litri di scarti alimentari. Media che cresce se si fa riferimento all’intero continente: lo studio “Love food, reduce waste” dell’Università degli studi di Scienze Gastronomiche rivela che l’industria alimentare produce 10,5 milioni di tonnellate di spreco alimentare (pari a 21 kg a persona) ogni anno in Europa.

Secondo il Food Waste Index Report 2021 pubblicato dall’ONU e in particolare dall’UNEP la quantità maggiore di spreco alimentare avviene nelle abitazioni private, nelle quali viene buttato circa l’11% di tutto il cibo acquistato.

Tradotto in chilogrammi parliamo di 74 kg per abitante di scarti l’anno. Il report stima che le emissioni associate agli sprechi alimentari rappresentino dall’8% al 10% del totale dei gas serra.

 

Cresce d’altro canto sempre più anche la consapevolezza circa questo argomento. Per l’83,8% degli intervistati i consumi alimentari hanno un impatto ambientale elevato o molto elevato. Carne, olio di palma, frutta e verdura di importazione, pesce non di stagione e mais OGM sono percepiti come alimenti ad alto impatto ambientale. Frutta e pesce di stagione, legumi, cereali e soia che sono invece considerati poco impattanti. Rimangono in una zona grigia la carne finta e latte e derivati – nonostante la prima sia a base di ingredienti di origine vegetale.

Se si parla, invece, di sprechi alimentari domestici e non, per il 54,8% dei rispondenti sono diminuiti durante i vari lockdown. In calo anche il consumo di alimenti ad alto impatto ambientale (39,9%).

Tendenza confermata da uno studio Doxa realizzato per Food, secondo il quale durante il periodo di emergenza, quasi 4 intervistati su 10 (il 38%) hanno aumentato la loro attenzione verso lo spreco di prodotti alimentari. Gli intervistati affermano infatti che quando cucinano a casa le seguenti abitudini sono molto o abbastanza frequenti come il fare la spesa evitando gli sprechi e acquistando solo ciò che si consuma. Meno frequenti invece sono le azioni come prediligere cibi sostenibili quando si fa la spesa.

Dunque, cosa ci impedisce di diventare 100% green in fatto di cibo?

Per il 48% degli intervistati si tratta di un problema di reperimento, cioè i prodotti a basso impatto ambientale sono difficili da trovare; il 42% invece ne fa un problema economico, sostenendo che il prezzo degli alimenti sostenibili sia troppo alto; infine per il 22% è un problema pratico perché non trovano abbastanza tempo da dedicare alla spesa – e quindi alla scelta accurata dei prodotti.

Per quanto riguarda i consumi fuori casa invece, per il 77% degli intervistati sarà abbastanza o molto importante nella scelta di un ristorante la sostenibilità alimentare e l’attenzione a particolari regimi alimentari. Il 27% afferma, inoltre, che sarà più propenso a chiedere una doggy bag rispetto a prima del lockdown.

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