Food business. Sonia Peronaci, dal web alla factory

Da commercialista a fondatrice del sito di ricette GialloZafferano. Quasi 14 anni fa, quando ancora non esistevano gli smartphone e i social, Peronaci ha sviluppato un nuovo modo di comunicare la cucina attraverso contenuti online. E oggi al timone di Soniaperonaci.it

di francesca corradi

Tanti la conoscono come food blogger anche se in realtà non ha mai avuto un blog. A Sonia Peronaci, invece, va il merito di aver creato il sito GialloZafferano, il cui nome è stato immaginato in onore di Milano, al tempo solo capitale del business e della moda e oggi, grazie a Expo 2015, anche del cibo. Madre altoatesina e papà calabrese, chef, Peronaci rifugge la ristorazione investendo, con perseveranza, nel web.

Ex commercialista, l’imprenditrice digitale inizia l’avventura online nel 2006, con il marito Francesco Lopes, ideatore del sito Fiscoetasse.it. Lei creativa, lui esperto di conti e seo, insieme sviluppano Giallo Zafferano, un portale talmente importante per l’epoca che nel 2009 viene comprato da Banzai, fatto crescere e poi rivenduto a Mondadori nel 2015. Abbandonato il primo progetto, cinque anni fa nasce Soniaperonaci.it, dove ai contenuti legati al food si affiancano eventi e corsi.

Peronaci è tra le prime persone in Italia a occuparsi di cucina – senza essere uno chef – non attraverso libri bensì contenuti video. In molti, soprattutto millenials, hanno imparato a fare la besciamella, la pasta frolla o la parmigiana di melanzane sul suo canale. È anche grazie a lei che in Italia si sviluppa un nuovo modo di raccontare le ricette, una vera rivoluzione se pensiamo che, prima della diffusione massiccia di internet, sfogliavamo i libri dell’Artusi o di Suor Germana (ndr scomparsa a marzo all’età di 81 anni).

L’imprenditrice ha fatto da apripista al mondo del food online e ha saputo guardare la cucina in modo diverso, con gli occhi del web, all’epoca uno sconosciuto, rivolgendosi a un target non di professionisti ma di appassionati.

A MAG racconta l’evoluzione del food nel digitale ricordando che per fare impresa «si deve diversificare il business e avere sempre un piano b».

 

Da commercialista a imprenditrice…
Tutto ciò che, con mio marito, abbiamo costruito fino ad oggi è nato da una passione, anzi due: la cucina e la tecnologia. Personalmente sono sempre stata una grande fan del web, mi piaceva navigare e arrivare in ogni punto del mondo stando comodamente seduta.

Il dna ci ha messo lo zampino…
Sì, sono figlia di uno chef e mi sono sempre ripromessa di non fare ristorazione. Da sempre ha rappresentato per me una professione piena di sacrifici che non mi ha permesso di vivere i miei genitori.

Come e quando inizia l’avventura nella rete?
Guardando dei programmi di cucina americana mi sono detta : «Se lo fanno gli americani che non sanno cucinare perché non dovremmo farcela noi?». Nel 2006 nasce GialloZafferano. Non c’erano smartphone e tablet e nemmeno Facebook era così sviluppato.

A chi vi siete ispirati?
Per noi il benchmark è Martha Stewart, la grande signora degli arrosti. Prendiamo sempre idee dall’estero, in generale. Siamo partiti con il food pensando poi di poter fare altre cose. In realtà ci siamo focalizzati sul cibo perché ci piace.

Come mai questo nome al sito?
È un omaggio alla nostra città, Milano, che nel 2006 nemmeno si sognava di diventare la capitale del food.

Perché un sito e non un blog?
Il sito aveva e ha tuttora una marcia in più a livello di seo e ricerca contenuti. Quando abbiamo iniziato all’interno dei siti c’erano i forum, per interagire, poi spazzati via dai social.

Da subito tanto pubblico ma pochi investitori…
Sì, abbiamo avuto immediatamente un enorme successo. Nel 2006 non riuscivamo però ancora a capire come coinvolgere le aziende e come poter guadagnare soprattutto dal web.

Quando avete iniziato a “fatturare”?
Alla fine del 2008. Siamo stati perseveranti nel senso che abbiamo sempre fatto contenuti, ci abbiamo creduto e poi finalmente è arrivato anche il ritorno economico, quello che mancava all’inizio. I social hanno un po’ amplificato questo fenomeno e poi da lì le aziende hanno cominciato a fare i primi tentativi d’investimento.

 

 

Nel 2009 siete stati acquisiti da Banzai…
Sì, dalla storica internet company italiana che investiva i nuovi canali dedicati agli studenti. Siamo diventati dirigenti, ma dipendenti, e con tutte attrezzature e studi di registrazione a disposizione: un sogno. Da quel momento abbiamo cominciato a “evangelizzare le aziende”.

Una continua ascesa tanto che a novembre 2013 GialloZafferano diventa anche una trasmissione televisiva…
Far parte di una grande azienda con molti professionisti di vari settori ci ha insegnato tantissimo.

Nel 2015 il portale viene venduto a Mondadori e nello stesso anno per voi inizia una nuova avventura. Un cambio o un’evoluzione?
Tutte e due. Avevamo voglia di cambiare perché nell’ultimo periodo facevamo sempre le stesse cose e ci sentivamo stretti in quei panni. Volevamo, poi, essere padroni di noi stessi e sviluppare mille idee in testa che in quel momento all’azienda sembravano non interessare, soprattutto dopo la quotazione in Borsa nel 2013. Quando siamo partiti con Giallo Zafferano eravamo tre o quattro mentre quando abbiamo deciso di andare via, a settembre 2015, eravamo 30 persone. La nostra creatura era diventata troppo diversa dall’originale. Sentivamo, inoltre, che era giunto il momento di incontrare le persone.

Quando è partito il progetto Soniaperonaci.it?
A ottobre 2015 siamo andati online.

Il nostro desiderio era di creare anche un posto di aggregazione e quindi abbiamo dato vita a una factory. Abbiamo inoltre creato dei native in cui parlavamo di aziende e territorio: da Ferrero in Costa D’Avorio a Italkali con il sale siciliano. Una sorta di diario di viaggio in cui raccontare le fasi del prodotto in una geografia: un’ esperienza bella e ben riuscita.

Non solo contenuti…
C’è l’identificazione, il cliente cerca la persona, in questo casa cerca me. Sono finita quindi con tutte le scarpe dove non volevo andare, cucinare. Abbiamo trovato uno spazio e da lì abbiamo voluto costruire una redazione e anche un posto attrezzato per la scuola. Abbiamo poi cominciato a fare degli eventi un po’ in sordina, per le aziende con cui già collaboravamo, e poi siamo cresciuti con il passaparola. Il business ora è 50 e 50.

La vostra è una vera e propria impresa. Ci dà qualche numero?
Siamo dieci dipendenti. Abbiamo chiuso il 2019 con un fatturato…

 

 

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