San Michele Appiano, il successo non conosce compromessi

Oltre 100 anni di storia vinicola, fra tradizione e nuove tecnologie, innumerevoli riconoscimenti a livello internazionale e un winemaker che qualcuno definisce «rivoluzionario» e altri chiamano «mago».

La cantina San Michele Appiano, costituita nel 1907 come cooperativa, è oggi una delle migliori in Alto Adige e in Italia, con vini pluripremiati come il Sauvignon Sanct Valentin.
Raggruppa 340 soci (viticoltori) che coltivano 380 ettari di superficie e producono 2,5 milioni di bottiglie all’anno, di cui 70% vino bianco e 30% vino rosso.

Il fatturato registrato nel 2015 è di 18 milioni di euro, quasi l’11% in più rispetto all’anno precedente. Il 70% delle vendite è rappresentato dal mercato italiano che già nei primi mesi del 2016 ha evidenziato una crescita del 6% rispetto al 2015. Il restante 30% viene dalle esportazioni, in particolare negli Stati Uniti, in Germania, Gran Bretagna, Russia e Giappone.

La cantina San Michele Appiano deve il suo successo soprattutto a un uomo: Hans Terzer(nella foto), eletto dal Gambero Rosso tra i 10 migliori winemaker al mondo.
Terzer, i cui vini preferiti sono il Pinot Bianco, il Sauvignon e il Pinot Nero, è considerato un pioniere e un visionario per quanto riguarda la produzione di vino bianco altoatesino.
Nel suo lavoro combina le tecniche più recenti con i metodi tradizionali. I moderni serbatoi in acciaio inox sono indispensabili, garantiscono freschezza, aromi fruttati e la purezza dei vini. Ma la cantina punta anche sulle tradizionali botti di legno e sulle barrique per i vini più pregiati.

Quando Hans Terzer nel 1977 iniziò a lavorare a San Michele Appiano «trovò una cantina quasi a pezzi», ha raccontato a Foodcommunity.it il responsabile comunicazione Stephan Gander nel corso del Vinitaly 2016. «Terzer cercò di qualificare la cooperativa in tutti i sensi professionalizzando la struttura e coltivando le varietà di uve sui terreni più adatti».
La filosofia alla base di questo successo è «qualità senza compromessi». Ciò significa che «ogni produttore deve dare il massimo, perché viene pagato in base alla qualità».

Le proposte dell’allora 21enne suscitarono – a dir poco – stupore. Il giovane winemaker fece ridurre la quantità di Schiava rossa, coltivata in posizioni troppo alte e di conseguenza di qualità media. Favorì invece la coltivazione dei vini bianchi, soprattutto di uve Chardonnay, Pinot Grigio, Sauvignon e Gewürztraminer. Inoltre Terzer ordinò ai viticoltori di ridurre drasticamente le quantità, per migliorare la qualità dei vini fino a quel momento piuttosto mediocri.

Il winemaker riconobbe presto i punti deboli e i punti di forza di una grande produzione cooperativa: migliorò la comunicazione all’interno dell’azienda, lasciò ai singoli produttori la massima flessibilità nella lavorazione dei loro vigneti e non li pagò per la quantità, ma in base alla qualità delle loro uve.
Con queste nuove linee guida, ebbe inizio il trionfo senza precedenti dei vini di San Michele Appiano, diventata 40 anni dopo una delle cantine più importanti d’Italia.

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