Italian sounding, impatto economico di 54 miliardi di euro

Assocamerestero – l’associazione che riunisce le 78 Camere di commercio italiane all’estero – ha presentato i risultati emersi dall’indagine sull’Italian sounding, cioè il ricorso improprio a denominazioni geografiche che si rifanno all’Italia per indurre all’acquisto di prodotti che in realtà non sono italiani. L’analisi è stata condotta negli Stati Uniti, Canada e Messico, area che assorbe circa il 15% dell’intero export dell’industria alimentare italiana.

L’Italian sounding rappresenta un fenomeno sempre più diffuso, il cui impatto economico è spesso sottostimato: il suo volume d’affari è pari a 54 miliardi di euro (di cui 24 miliardi nell’area del Nord e Centro America), più della metà dell’intero fatturato dell’industria alimentare italiana (132 miliardi di euro).

L’acquisto di prodotti Italian sounding risulta ancor più centrale se si considerano i tassi largamente dimezzati dell’export di settore nell’anno in corso, rispetto al +6,7% totalizzato nel 2015, secondo le elaborazioni Assocamerestero su dati Istat.

Risultano evidenti, per i prodotti Italian sounding, le riduzioni di prezzo, spesso elevate, che raggiungono punte del -80% rispetto all’originale. I latticini sono il prodotto più interessato dal fenomeno, a causa anche della difficoltà di reperimento del prodotto autentico.

Le nove CCIE presenti in Stati Uniti, Canada e Messico hanno quindi messo in campo diverse iniziative per favorire il consumo del food autentico made in Italy, da attività di formazione con il coinvolgimento di professionisti del settore a eventi promozionali fino alla creazione di un apposito database.

«Il giro d’affari dell’Italian sounding ci dice che nel mondo esiste una forte domanda di Italia ancora da intercettare. Con questo progetto promosso dal ministero dello Sviluppo economico, la rete delle CCIE sta lavorando proprio su questo aspetto, coinvolgendo in azioni di sensibilizzazione sulle caratteristiche e la qualità del prodotto autentico italiano consumatori e operatori del food dei mercati di primo riferimento per il nostro export al di fuori dell’Ue», ha affermato Gian Domenico Auricchio, presidente di Assocamerestero.

«Siamo infatti convinti che il danno di immagine arrecato da imitazioni ben lontane dai nostri standard di eccellenza possa essere arginato solo attraverso la diffusione della cultura e dell’educazione al consumo dei prodotti 100% made in Italy e lavorando sulle alleanze che le CCIE sono in grado di stabilire con le comunità d’affari locali».

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