E-commerce, il business del food corre sul web

La vittoria di Eataly.net come miglior sito di commercio elettronico in Italia al Netcomm e-commerce award 2016 ha acceso i riflettori su una questione fondamentale per il business delle nostre aziende, in particolare quelle del comparto agroalimentare: la presenza online. Secondo i dati dell’Osservatorio e-commerce B2c Netcomm Politecnico di Milano, il valore degli acquisti su internet degli italiani raggiungerà nel 2016 i 19,3 miliardi di euro (il doppio rispetto al 2011) con un incremento del 17% sul 2015, pari a oltre 2,7 miliardi di euro.

Le previsioni per il 2016 rivelano una crescita dei settori che hanno trainato l’e-commerce fino a oggi: turismo (+11%), informatica-elettronica (+22%) e abbigliamento (+25%), ma anche l’editoria (+16%). Rilevante l’apporto dei settori simbolo del Made in Italy che, pur considerati ancora emergenti per la vendita online, stanno registrando le crescite più alte: il food&grocery otterrà un incremento del 29% e supererà di poco quota 530 milioni di euro mentre l’arredamento&home living crescerà del 39% sfiorando i 570 milioni di euro. Complessivamente la penetrazione dell’e-commerce nel 2016 raggiungerà il 5% delle vendite al dettaglio.

Ottime prospettive dunque? Non proprio, perché mentre gli utenti italiani che comprano sul web sono raddoppiati, passando da 9 a oltre 18 milioni, le imprese non si sono digitalizzate con lo stesso ritmo. In Italia sono state censite appena 40 mila aziende che vendono online, contro le 800 mila a livello europeo, di cui 200 mila solo in Francia. Il commercio elettronico in Europa genera il 13,6% del fatturato delle aziende, mentre in Italia solo il 5%.

«Le aziende italiane devono essere sempre più presenti online e devono capire come il “fare e-commerce” sia davvero vitale per la loro sopravvivenza, soprattutto laddove la forza del brand Made in Italy è più rilevante, come nei settori moda, arredamento e alimentare», afferma Roberto Liscia, presidente di Netcomm. Nel 2015 diverse imprese tradizionali hanno attivato un sito di e-commerce o sono andate online attraverso i marketplace (Amazon, eBay, ePrice) che favoriscono il business elettronico oltreconfine. Ma i numeri dicono che in Italia ci sono ancora ampi margini di miglioramento, in particolare nel settore del food&beverage che rappresenta una delle nostre eccellenze.

Secondo i dati presentati dalla piattaforma di ricerca FoodFwd nell’ambito di Seeds&Chips, solo il 12% della spesa pubblicitaria delle aziende del settore è destinata al canale online. Il digitale, però, è sempre più strategico per costruire relazioni tra imprese e consumatori. Lo dimostra la recente mossa di LVenture Group, holding di partecipazioni quotata sul Mercato telematico azionario (Mta) di Borsa Italiana, che ha annunciato un co-investimento per un valore complessivo di circa 800 mila euro in wineOwine, startup che vende attraverso un portale e-commerce vini di qualità di piccoli produttori italiani selezionati da un team di esperti.

È proprio il mondo del vino italiano quello con le maggiori potenzialità ancora inespresse. Le previsioni elaborate congiuntamente da Svinando Wine Club, 2i3T – incubatore di imprese e per il trasferimento tecnologico dell’Università di Torino, Club degli investitori e Piuvino.it enoteca online dimostrano che entro cinque anni il commercio elettronico del vino si svilupperà fino a raggiungere un giro d’affari annuo di 200 milioni di euro (un balzo rispetto ai 24 milioni del 2015, lo 0,2% del mercato totale del vino) ma al momento le vendite sul web non sono ancora decollate.

Una delle principali cause è la bassa penetrazione di internet in Italia (59% contro la media europea del 77%). Nel settore specifico del vino c’è poi un problema di scarsa conoscenza dei canali online da parte dei produttori. Secondo la ricerca i siti web della maggior parte delle aziende vitivinicole non sono interattivi, hanno contenuti prevalentemente informativi, non si avvalgono dell’e-commerce né degli strumenti social per coinvolgere il consumatore.

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