Cuoco sì, ma anche manager: la versione di Daniel

Per molti è ancora l’executive chef di Gualtiero Marchesi, l’allievo del maestro alla Scala di Milano. Ma entrando nel suo ristorante aperto nel 2013 in zona Brera, ci si accorge subito che Daniel Canzian (nella foto) è oggi uno chef imprenditore di se stesso. Nella grande cucina a vista del ristorante che porta il suo nome, priva di qualsiasi vetro divisorio, il cuoco di origini venete guida la sua brigata, mentre il personale di sala accoglie i commensali. Il business lunch è uno dei punti forti di questo locale, che sorge in una delle zone più vive di Milano, tra uffici e negozi, non lontano dal ristorante di un certo Andrea Berton. È proprio a pranzo che MAG ha incontrato lo chef per fare un bilancio dei primi tre anni di attività e per parlare della sua visione imprenditoriale.

Nonostante il boom della ristorazione milanese, all’inizio ci sono state difficoltà nel lancio di un nuovo ristorante?
Sì, è stato difficile e lo è ancora. Diciamo che adesso mi sto abituando a questa situazione in cui bisogna avere una visione a 360 gradi.

Cosa intende?
Mi sono reso conto che il fatto di essere professionale in cucina non è tutto nel momento in cui ci si cimenta con il lancio di un’impresa come questa. Subentra una sfera imprenditoriale che è completamente diversa da quella professionale.

Cosa cambia?
Non è più sufficiente comprendere le ricette e l’organizzazione della cucina, ma serve anche capire tutta la struttura e le dinamiche di un’azienda, comprese quelle amministrative, perché sono fondamentali. Si tratta di due entità.

Come possiamo definirle?
La prima entità è creativa, l’altra è gestionale. Nel bellissimo percorso di otto anni con Marchesi, che mi ha formato dal punto di vista professionale, ho visto come lui rappresenti l’entità creativa e visionaria, mentre l’amministratore delegato Enrico Dandolo rappresenti quella più pragmatica. Viaggiano parallelamente.

Come è strutturata la sua società?
La società si chiama Quadrifoglio, di cui sono amministratore unico. I soci finanziatori hanno creduto e credono nell’operazione e in me. Dopo gli sbagli iniziali, ho preferito a iancarmi a queste persone che mi hanno aiutato molto. Non credo infatti allo chef tuttologo.

Ci sono persone che vuole menzionare?
Sicuramente l’avvocato penalista Luigi Bruno Peronetti (dello studio Peronetti) è stata la persona che più mi ha aiutato in un momento di crisi ed è diventato il mio migliore amico. Grazie a lui come stratega e a un gruppo di professionisti, oggi ho a disposizione una équipe sana e forte. Altri strateghi importanti sono l’avvocato Alessandro Pelucchi e il commercialista Augusto Riva.

Quanti dipendenti ha il ristorante?
In totale sono 10 persone tra sala e cucina.

Quali sono le criticità e i costi maggiori?
Sembrerà strano, ma nella realtà ristorativa il food & beverage è quasi all’ultimo posto come voce da considerare in termini percentuali. Pur essendo il core business, pesa molto meno sul bilancio rispetto al costo delle risorse umane. Il personale, però, non va considerato come un costo ma come un investimento, perché il servizio ai clienti è fondamentale per il business.

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