Cena “a casa” Tanzi
di letizia ceriani
È relativamente giovane la storia del ristorante Ca’ Mia (“casa mia” in dialetto brianzolo, ndr), situato nel piccolo comune di Alserio, circondato da tre laghi, Alserio, Como e Pusiano, immerso nella natura e nel silenzio. L’idea si insinua in Antonio Tanzi nel 2019 ma, tra un lockdown e l’altro, si concretizza a pandemia inoltrata, ufficialmente nell’autunno 2020, quando decide con la moglie di rilevare quella che era una nota trattoria/pizzeria della zona. L’apertura di Ca’ Mia corona il sogno del figlio Simone, che, tornato finalmente all’ovile, guida la brigata con estro e intuito. Cuoco appassionato, con alle spalle un’esperienza francese da Georges Blanc e due anni nello stellato e “conterraneo” Materia di Cernobbio, porta in carta l’eredità acquisita di burro, salse e quinto quarto, di pesce e di carne, dando grande spazio anche al vegetale, sempre di stagione ed estremamente goloso.
La sala è elegantemente orchestrata dall’istrionico maître Gianluca Redaelli, classe 1991, che gioca con i commensali proponendo abbinamenti audaci e indovinati. Quindi, sì vino – la carta annovera un centinaio di etichette – spesso locale e prodotto da piccole aziende, ma anche distillati, liquori e no alcol, il tutto in accordo con il percorso gastronomico.
COSA ABBIAMO MANGIATO E BEVUTO
L’equilibrio che lega le portate dello chef Tanzi risponde sempre al concetto dell’immediatezza: i piatti raccontano un territorio, il lago e le montagne, ammorbidito dalla presenza, sempre coerente, di burro, salse e fondi armoniosi, giocando su consistenze, accostamenti inediti ed esecuzioni precise.
Il menu a mano libera selezionato per noi è un viaggio che racchiude già i sentori e l’essenza della bella stagione. A partire dal benvenuto: piccoli bites minimali e funzionali al racconto. Rapanello marinato in miele e aceto con maionese all’aglio nero, una piccola tuille (biscotto sottile in stile wafer, ndr) a forma di lisca di pesce arricchita con perle di crema di tuorlo e gel di tosazu (salsa tipica giapponese, ndr), mortadella di cinghiale su un biscotto di grano saraceno, waffle al midollo con paté di fegato e camomilla e, come ultimo boccone, una foglia di lattughino con kimchi. La prima degustazione svolge perfettamente il suo compito: presentare lo stile della cucina, le sue principali passioni – in questo caso, l’amaranto, la fermentazione, l’esaltazione di parti meno “nobili”, l’eleganza dell’impiattamento.
Arrivano le entrées vere e proprie. Ma prima, cediamo (come sempre) al pane integrale fatto con lievito madre fatto apposta per essere arricchito dal burro montato della casa. Il primo antipasto è un salmerino servito con agretti e una salsa di kombucha al miele di castagno. Accompagna un calice di Sebino Bianco “Gravitas” della cantina di Gussago Corti Cugini.
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