Ambrosino: meno chiacchiere, più sustanz’
di letizia ceriani
Originario di Procida, lo chef Marco Ambrosino, che a Milano ha trascorso una decade della sua vita facendo la fortuna del 28 Posti, nell’estate 2022 ha deciso di tornare in Campania per abbracciare un nuovo progetto.
Nella galleria meno famosa di Napoli, la Principe Umberto, a giugno 2023 apre ScottoJonno, un ex-café chantant che risale alla fine del 1800, che tiene insieme un caffè letterario, una libreria, un cocktail bar, un bistrot e, al piano di sopra, un ristorante gastronomico, Sustanza. Lo spazio si dispone 600 metri quadrati e si propone di riportare finalmente in auge la zona in cui si trova.
Ambrosino è un cuoco nato su un’isola, che ama i vegetali, e che crede fortemente nel potere rivoluzionario della cucina, in quanto strettamente vincolata – laddove il vincolo non è limite, ma possibilità – alla materialità delle cose, all’essenza in sé e per sé. Sulla sua bocca, le parole “sostenibilità” e “vegetale” non risultano posticce, né trite, ma rivelano la loro accezione creativa, generativa. È merito della consapevolezza che sostiene la sua maniera accorata di tracciare questo nuovo inizio, in una Napoli moderna, ricettiva, sempre più porto «del» mediterraneo e meno foriera di disunioni e disillusioni. Quella raccontata da Ambrosino è una Napoli «efficace», che finalmente può e vuole «parlare al mondo». Perché fin quando c’è lavoro da fare, «significa che non è impossibile».
Acquisisce allora sempre più importanza, il manifesto del Collettivo Mediterraneo, fondato da Ambrosino nel 2019 per dare spazio a un dialogo fuori da schematismi e formalismi che mettesse al centro la necessità di dare conto della multiculturalità e della biodiversità che abitano il bacino Mediterranea, dove tutti siamo cittadini e tutti siamo stranieri. Ecco che il cibo diventa politica, etica, presa di posizione, per essere davvero all’interno della storia della cultura.
Dopo quasi dieci anni da 28 Posti a Milano, hai iniziato una nuova avventura. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Il passaggio da 28 Posti è stato vitale. E tutto questo è avvenuto in un momento molto particolare per la stessa città di Milano. Sono arrivato in città nel 2012, ho lavorato in un altro piccolo posto che ora non c’è più, e l’impressione che ebbi di Milano era totalmente diversa, i lavori della Darsena stessa sono iniziati dopo come anche City Life e tanto altro.
Possiamo dire che vi siete evoluti insieme.
Sì, il cambiamento della città ha corrisposto alla costituzione di una nuova immagine assumendo pian piano il ruolo di centro italiano della ristorazione, e, secondo me, questo è avvenuto anche per una serie di casualità… oltre a Expo, nel 2015, che ha portato milioni di persone a visitare la città, non possiamo scordarci del grandissimo equivoco per cui si è passati dalla tematizzazione dell’alimentazione all’apoteosi della ristorazione. Questo ha portato indubbiamente un focus importante su quel mercato e bene o male tutti hanno poi aperto nel capoluogo.
A Milano tu arrivi nel 2012, ma la tua avventura vera e propria inizia nel 2014…parliamo ovviamente di 28 Posti, ristorante in zona Navigli.
Sono approdato al 28 Posti in una condizione fortunata, non ho mai avuto vincoli e questo mi ha permesso anche di sbagliare tanto e al tempo stesso di dare libero sfogo alle mie idee e alla mia creatività. Ho dato spazio a chi volevo essere e lì ho avuto modo di mettere a punto la mia cucina che, da un punto di vista tecnico, ci ha portato negli anni a inventare molte cose.
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