A lezione di business da Bastianich

Al grande pubblico è noto come uno dei giudici di MasterChef e per l’uso talvolta “fantasioso” dell’italiano. Ma Joe Bastianich è soprattutto l’uomo dietro al successo del business enogastronomico italoamericano degli ultimi anni. Oggi, infatti, il suo cognome è un brand protagonista nel mondo del vino e della ristorazione di qualità negli Stati Uniti.

La storia di Bastianich affonda le radici in Istria, terra d’origine dei genitori Lidia e Felice, arrivati negli Usa negli anni ’50 e diventati nel corso dei decenni grandi imprenditori della gastronomia Oltreoceano. Lasciata la carriera di broker a Wall Street per Merrill Lynch, dagli anni ’90 anche Joe si è lanciato in questo business e la scommessa sembra vinta: oggi i Bastianich gestiscono 30 ristoranti nel mondo, di cui 11 solo a New York e uno in Italia (l’Orsone a Cividale del Friuli, appena riaperto dopo un’importante ristrutturazione).

Fanno parte del loro business anche aziende vinicole in Italia e Argentina, linee di sughi e pasta, libri di cucina e agenzie di viaggi. L’impero conta 3 mila dipendenti e un giro d’affari annuo stimato in 250 milioni di dollari. Di questi, secondo il sito Celebritynetworth.com i guadagni personali di Bastianich sono pari a 15 milioni di dollari.

Insieme allo chef Mario Batali, attraverso il Batali & Bastianich Hospitality Group, nella Grande Mela l’imprenditore ha aperto ristoranti diventati celebri come Babbo e Del Posto ed è socio di Oscar Farinetti per i nuovi store di Eataly in America.

In Italia le due aziende Società Agricola Bastianich e Bastianich Estates hanno registrato nel 2015, sommate, ricavi per 3,8 milioni di euro e utili per 494 mila euro (dati Cerved).

Star della tv, imprenditore, musicista: quale ruolo preferisce?
A dire il vero il mio ruolo preferito è proprio quello che sono oggi: un uomo fortunato che può unire passioni e business in un’unica vita. Ristoratore, autore, triatleta, personalità televisiva, musicista, sono tutte facce della stessa medaglia, il fatto di essere me stesso.

Quali sono i segreti per un business di successo, in particolare dal lato finanziario?
Uno su tutti: il business plan. Fare ricerche e darsi una stabile programmazione finanziaria è il primo passo fondamentale. Molti pensano sia facile aprire un business nel campo della ristorazione ma credetemi, è tutt’altro.

Un consiglio per chi vuole lanciarsi in questo settore?
Consiglio spesso a chi vuole intraprendere questo percorso di pensare di avere un milione di dollari in contanti, buttarli in mezzo alla strada e dargli fuoco per avere un’idea realistica di cosa li aspetta. Serve tanta passione ma anche un’attenzione scrupolosa verso gli obiettivi e le risorse finanziarie.

La sua partecipazione a MasterChef ha aiutato il suo business?
Si e no. Sicuramente un programma come MasterChef ti dà una visibilità incredibile, dall’altro lato però ti espone anche a giudizi o critiche non sempre puntuali.

Per esempio?
All’apertura di Orsone alcuni ospiti si sono presentati con il cronometro per analizzare quanto tempo ci mettevano a servire un piatto o a riempire un bicchiere… potrà sicuramente essere stato divertente per loro avere finalmente la possibilità di criticare un giudice, ma trovo che così venga a perdersi completamente la gioia, l’emozione che si dovrebbe provare quando si va al ristorante. Non è più un piacere e non lo è neanche per chi – team di sala e di cucina – giornalmente lavora invece per dare un’esperienza e una qualità sempre crescente.

Gli chef come Carlo Cracco, Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri fanno bene ad “arrotondare” il loro business con le presenze in tv e pubblicità?
Avere l’opportunità di comunicare ciò che si fa è un grande privilegio che comporta però anche una grande responsabilità. Saper bilanciare è la chiave per il successo. Credo sia innegabile che programmi come MasterChef abbiano aiutato tutto il settore, dall’aumento delle iscrizioni nelle scuole alberghiere alla maggiore attenzione rivolta negli ultimi anni dai consumatori al cibo.

Come valuta la situazione della ristorazione in Italia, anche in rapporto all’estero?
Trovo che la cucina italiana di oggi guardi sempre di più all’estero, cercando di portare in un Paese dalle tradizioni gastronomiche inestimabili uno sguardo più esotico e internazionale. Se posso, però, avrei un consiglio per chi vuole approcciare una cucina diversa da quella nazionale.

Prego…
Fare tanta ricerca, viaggiare e abbandonare le mode, i trend, che sembrano conquistare il Bel Paese – da Nord a Sud – senza distinzione di colpi. C’mon… sarà perché io sono anche americano ma non se ne può più di questa tendenza del burger gourmet. Se volete avvicinarvi alla cucina americana, per esempio, ci sono svariate altre cose che gli italiani potrebbero trovare interessanti.

Dall’Italia agli Stati Uniti, quanti ristoranti e aziende gestisce?
Insieme ai miei partner gestisco più di 30 ristoranti nel mondo di cui, se non contiamo la mia partecipazione al Ricci di Milano, uno solo in Europa: Orsone, a Cividale del Friuli, affacciato sui vigneti della nostra azienda agricola di famiglia.

Come è riuscito a far innamorare gli americani del vino italiano?

Credo che il passo più importante l’abbiamo fatto nel 1993, quando all’apertura di Becco abbiamo inserito in carta una selezione di vini rigorosamente italiani al prezzo fisso di 15 dollari, una cifra davvero stracciata per un vino servito in un ristorante di qualità a New York. Così abbiamo avvicinato il pubblico americano al mercato del vino italiano, anche a piccoli produttori o etichette non conosciute permettendogli di provare diverse tipologie di vini. Inoltre credo che nessuno a New York abbia stappato più bottiglie di vino friulano di me. Per quanto riguarda le etichette più amate, i grandi vini piemontesi – anche d’annata – non hanno rivali.

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