Bitto e Valtellina Casera compiono 25 anni: giro d’affari da 13 milioni
Il vicepresidente Marantelli Colombin: “Obiettivo è rilanciare al grande pubblico due formaggi espressione dell’antica tradizione casearia valtellinese. Due dop strategiche per la Valtellina, che generano un fatturato di 13 milioni di euro e danno lavoro a 650 famiglie sul territorio”.
Le dop Bitto e Valtellina Casera compiono un quarto di secolo. Per celebrare i 25anni della registrazione dei due formaggi simbolo della Valtellina tra le dop, il consorzio di tutela lancia una nuova campagna di promozione “Alle origini del Gusto”. Inoltre è previsto un piano strategico di investimenti sul territorio per il biennio 2021-2022 del valore complessivo di 600mila euro.
Le iniziative, finanziate grazie ai fondi del PSR 2014-2020, prevedono attività promozionali e turistiche sul territorio.
“Con questa campagna – ha spiegato il vicepresidente del consorzio, Franco Marantelli Colombin – vogliamo rilanciare al grande pubblico due formaggi espressione di un’antica tradizione casearia. Bitto e Valtellina Casera sono due produzioni strategiche per la Valtellina. Generano un fatturato di 13 milioni di euro e ogni anno danno lavoro a 650 persone. Due formaggi ancora poco conosciuti dal grande pubblico, se non al Nord Ovest dell’Italia, ma apprezzati da chi li conosce”.
Sei conoscitori su 10 infatti ne diventano consumatori. Secondo una recente indagine commissionata dal Consorzio solo il 23,5% degli italiani conosce queste produzioni. La campagna nasce con l’obiettivo di far conoscere maggiormente queste eccellenze, che hanno tutte le potenzialità per essere apprezzate anche fuori dalla Lombardia. Alla campagna si aggiungeranno anche le celebrazioni per il 25ennale del Consorzio, che ricorreva nel 2020 e che, causa Covid, siamo stati costretti a rimandare.
“La Lombardia produce 14 dei 49 formaggi dop italiani. I prodotti agroalimentari dop e igp della Lombardia hanno un valore di produzione complessiva di 1,8 miliardi di euro. La crescita è del 15% all’anno nel periodo pre Covid-19, pari al 23,2% del totale nazionale – ha dichiarato Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia -. Bitto e Casera sono due simboli della Lombardia e dell’agricoltura di montagna. L’indagine realizzata su questi due prodotti ci dice che c’è ancora un grande potenziale da sfruttare”.
Apprezzati da chi li acquista per il loro sapore di montagna e per la loro tipicità, intesa come stretto legame con il territorio, ma ancora poco conosciuti dal grande pubblico che deve imparare ad amarli.
È questa la fotografia di Bitto e Valtellina Casera dop scattata dall’indagine SG marketing “Conoscenza e percepito dei formaggi Bitto e Valtellina Casera DOP tra i consumatori italiani”. Un italiano su quattro conosce Bitto e Valtellina Casera, ma sei conoscitori su dieci ne diventano consumatori.
A confronto con dop storiche come Gorgonzola, Asiago e Fontina – che vantano oltre il 90% di notorietà a livello nazionale, e sono state assaggiate almeno una volta in media dal 78% degli italiani – Bitto e Valtellina Casera sono conosciuti dal 22% e dal 25% degli intervistati. Le due dop hanno una penetrazione al consumo del 13% e del 15%.
Un dato che cambia radicalmente restringendo il campo degli intervistati a Nord Ovest dell’Italia, dove la conoscenza delle due produzioni si impenna.
Al pari di Asiago e Fontina, Bitto e Valtellina Casera sono percepiti dai loro consumatori come tipici di un territorio (54%), prodotti secondo le regole della certificazione Dop (45%) e formaggi di alpeggio (43%). Anche se di fatto il Valtellina Casera è un formaggio di latteria.
Chi li consuma li ama e ne distingue le specificità. Sono due le immagini maggiormente associate dai consumatori ai formaggi Dop Bitto e Valtellina Casera: la montagna e il gusto.
Sostenibilità, che dopo l’italianità, la dop e il prezzo concorrenziale è il quarto tra i fattori principali nella scelta dei formaggi. Nella percezione del consumatore, per essere sostenibile, un produttore di formaggio deve, infatti, utilizzare solo latte a km0 (35% delle citazioni), garantire il benessere animale (34%), ottimizzare l’utilizzo di energia e acqua (28%), impiegare energia derivante da fonti rinnovabili (27%) e mantenere i metodi di produzione tradizionali/artigianali (22%).
L’emergenza Covid-19 non ha fermato la produzione di Bitto e Valtellina Casera. Secondo gli ultimi dati diffusi dal consorzio, il 2020 si è chiuso con 13 milioni di euro di fatturato (l’85% rappresentato dal Valtellina Casera e il 15% dal Bitto) in sostanziale parità sull’anno precedente. Complessivamente la produzione 2020 si è attestata a 19.130 quintali grazie a una filiera che conta 133 allevamenti. A questi si aggiungono 13 caseifici e 16 stagionatori per il Valtellina Casera, mentre 54 alpeggi produttori e 10 stagionatori per quella del Bitto.
A fare da traino tra le due dop, sia in termini produttivi che di fatturato, è il Valtellina Casera. Nell’ultimo anno ha registrato un’impennata produttiva del 20,5%. Questa, però, non si è tradotta in un deprezzamento del prodotto, che ha tenuto in termini di valore.
“Le dinamiche di mercato innescate dal Covid-19 hanno portato gli allevatori a destinare meno quantità di latte per il fresco in favore di stagionati. Nonostante i surplus produttivi, va dato atto ai nostri produttori di aver avuto la capacità di trovare costanti sbocchi di mercato per il Valtellina Casera, attraverso la gdo che rimane il primo canale distributivo. Negli ultimi tempi per questa dop registriamo un costante un trend di crescita in termini quantitativi, con un + 26,7% negli ultimi cinque anni”, ha spiegato Colombin.
In flessione (-8,7%) invece la produzione del Bitto Dop: 2.100 quintali prodotti nel 2020 contro 2.300 del 2019.