Guerra del grano, crisi a un punto di non ritorno
Il settore del grano è stato colpito da un crisi drammatica e i produttori hanno lanciato un ultimatum al governo: «Se le quotazioni non tornano a salire, riconoscendo al frumento Made in Italy il giusto valore, faremo lo sciopero della semina».
Come denuncia Coldiretti, che ha organizzato la maxi-mobilitazione degli agricoltori #laguerradelgrano in varie città d’Italia, una speculazione da 700 milioni di euro e l’import dall’estero in costante aumento (+14% nel primo trimestre dell’anno) hanno provocato un crollo dei prezzi, quasi dimezzati rispetto a un anno fa.
Nel giro di un anno le quotazioni del grano duro destinato alla pasta hanno perso il 43% del valore, mentre si registra un calo del 19% del prezzo del grano tenero destinato alla panificazione.
Un crack senza precedenti – denuncia Coldiretti – con i compensi degli agricoltori che sono tornati ai livelli di 30 anni fa, a causa delle manovre di chi fa acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da “spacciare” come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato. E, con la crisi del grano, in Italia si rischiano di perdere 300 mila posti di lavoro.
Recentemente il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina ha annunciato l’approvazione di un fondo da 10 milioni di euro inserito nel decreto legge enti locali per sostenere i produttori di grano.
Ma la situazione di questo comparto strategico – sottolinea Confagricoltura – è ormai «insostenibile». Serve «una più equa ripartizione della redditività per valorizzare e premiare il sistema Italia, con un impegno comune che contrasti ogni forma di speculazione», oltre a «controlli adeguati alle frontiere sul prodotto importato che deve rispettare condizioni di reciprocità con quello nazionale».
La Cia-Agricoltori italiani ha chiesto lo «stop alle importazioni di grano per 15/20 giorni, così da ridare fiato agli agricoltori in crisi» e «interventi congiunturali immediati». Altrimenti, hanno avvertito, «faremo lo sciopero della semina».
Diversa la posizione di Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane) secondo cui «l’origine italiana del grano duro non è in sé sinonimo di qualità e, visti i valori proteici bassi del grano duro italiano, rimane necessario importare grano duro estero di qualità top, tra il 30% e il 40% del totale, per ‘rinforzare’ la miscela della semola utilizzata dall’industria della pasta».
Inoltre, sottolinea Italmopa (Associazione industriali mugnai d’Italia), l’approvvigionamento di grano dall’estero è necessario in quanto i raccolti nazionali risultano ancora quantitativamente deficitari rispetto al fabbisogno dell’industria.